lunedì 24 novembre 2008

GENOVA PER NOI

E DI GENOVA CHE NE PENSATE ?


Sono vissuto a Genova ma nato in Toscana. Codeste radici una volta mi avrebbero marchiato di ‘foresto’. Oggi foresti in patria si sentono i genovesi. Quella minoranza che ancora usa il dialetto. Già nella mia gioventù a Genova si parlava italiano oramai imposto dalla TV. Popolo delle periferie e mondo delle professioni, coltivano il dialetto con civetteria. I ‘signori’ con tono aulico, musicale, imitando le cantilene di Gilberto, dicono 'mandillo' 'ghirindun' 'macramé' (fazzoletto, comodino, asciugamani) con tono elegante. Mentre le labbra dei ‘camalli’ dal tono rauco compiaciuti intercalano 'belin' 'mena belin' e 'sussa belin' ad ogni discorso.
Genova e’ stata chiusa in se per quasi tutto il ‘900. Pure figlia della secolare e gloriosa Repubblica di San Giorgio, erede di grandi tradizioni e capacità di autogoverno, si chiuse in se corrotta dalle prebende romane delle Partecipazioni Statali e dal corporativismo delle compagnie portuali (medievale residuo di anacronistica imprenditorialità).
Nel secondo dopoguerra una classe di amministratori, scelti non sulle capacità ma sull'ideologia, diede alla città il colpo di grazia con la selvaggia cementificazione dei monti e dei quartieri.
Oggi la mutazione più triste avviene nei “caruggi" una volta cuore vivo cittadino. Nel Centro Storico si muoveva un formicaio di artigiani, e commercianti. Gli ‘scagni’ prendevano luce dai pannelli inclinati fuori dalle finestre prima che il baricentro si spostasse in Piccapietra. E in via della Maddalena, o dei Giustiniani; non più trallalleri nelle ostaie di Sottoripa frequentate da carovanae, barcaieu, pescheu, ciattaieu, ligaballe e carenanti in libera uscita dal Porto che non era ancora Antico. Al posto delle ‘torte e farinate’ banchi Kebap, e di ‘Queglia’ canti arabi, e nenie più consone alle dune che ai muri dell’antica Repubblica Marinara.
Il Centro Storico è méta di tossici, spaccio, prostituzione. Luogo di triste squallore. Non che prima fosse immune dall’atmosfera d’ogni angiporto. Ma senza droga, né criminalità, non c’era pericolo. Anche la borghesia, dopo lo spettacolo al ‘Piccolo’ di Ivo Chiesa, scendeva da Don Vincenzo a gustare la pizza. O compiere un tuffo nella trasgressione al Trocadero o lo Zanzibar.
La desolazione attuale fa ricordare cosa fecero i Dogi contro i Mori e Saracini autori di sanguinose scorrerie sui territori della Repubblica. Fortificarono la costa da Levanto a Nizza con Castelli e Torri d’avvistamento. Costituirono tre magistrature. Una per gestire la rete spionistica di segnalazione delle navi saracine in partenza dai porti africani e Medio Oriente. Una per raccogliere soldi destinati alle opere di difesa come il grande Castello di Nizza. Infine la terza per setacciare i mercati di schiavi alla ricerca dei rapiti. Trattarne l'acquisto e provvedere al riscatto per riportarli in patria. Uno sforzo economico enorme senza ruberie né malversazioni.
Una recente mostra a Palazzo Ducale celebrò ‘Los Siglos de Los Genoveses’ illustrando i secoli di splendore e prosperità dal 900 al 1700, malgrado le guerre con Pisa, Venezia, Milano; e l’ostilità di Francia, Spagna e Austria.
Oggi la mondializzazione esprime nella città una forte contaminazione etnica. Prima, per i cittadini andare da un paese all'altro, Torriglia o Voltaggio, era più raro che attraversare l'Atlantico. Ora si va e viene in tutto il mondo in un baleno. Già il boom economico del dopoguerra, in breve tempo, portò correnti d’immigrazione dal sud, e dalle campagne. Ma erano italiani, non si creò il trauma attuale di asiatici, africani, sud americani… clandestini che ogni giorno s’insediano incontrollati nel Centro Storico. Vada per chi si sistema offrendosi manodopera in nero. Coprono una necessità. Sarebbero una risorsa se fosse pilotata legalmente. Purtroppo le istituzioni sono latitanti. Lo stato è debole mentre la criminalità è forte, padrona della clandestinità. Molti extracomunitari vivono trattati da schiavi. Altri in baraccopoli, case abbandonate, in un degrado indecente. Vergognoso per un paese civile. E se cinesi e latino americani trovano insediamento normale col commercio o lavori domiciliari; una parte cospicua del mondo clandestino vive di scippi e rapine; spacciando droga, gestendo la prostituzione... Il risultato é degrado sociale non la 'società multietnica' decantata dai responsabili dell'afflusso incontrollato.
Io mi auguro e auspico che tutto questo sia di transizione. Periodo temporaneo. Che sfoci nel futuro in armonia nazionale multi etnica come negli USA. Ma non vedo la volontà delle istituzioni di procedere verso quell’approdo.

Pier Luigi baglioni



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